Municipio

Costruito e decorato secondo un progetto unitario dovuto rispettivamente all’ingegnere comunale Augusto Lorini e a Tito Chini, il palazzo municipale fu terminato e inaugurato nel 1931. L’edificio presenta un’architettura sobria e lineare all’esterno, ma si concede all’interno variazioni piuttosto originali, non solo per la decorazione superficiale, ma anche tramite l’inserimento di elementi architettonici particolari. Il primo di questi è la Grande Scalea che mette in comunicazione l’atrio a pianterreno con il piano superiore e che occupa uno spazio cilindrico, richiamato dalle colonne cilindriche scanalate che ne costituiscono il corrimano e gli stipiti. Al progetto di questa scala, secondo la testimonianza dello scultore Augusto Chini, non fu estraneo, per quanto riguarda la soluzione formale il fratello Tito Chini, mostrando di conservare un’idea totale della decorazione di un ambiente, non slegata dall’architettura. Un ruolo secondario sembra aver avuto invece Pietro Chini, zio e collaboratore di Tito in questa impresa, limitandosi all’esecuzione di alcune parti pittoriche. Sia la struttura che la decorazione si improntano su pochi moduli geometrici, rettangolo, rombo o losanga, cerchio, riconoscibili già in questo atrio nel disegno delle porte a vetri.

 

Tutte le parti in vetro e ceramica furono prodotte dalle Fornaci San Lorenzo, in grado come sempre di fornire quasi tutti gli elementi ornamentali, come ad esempio le quattro lampade appliques in ferro battuto e calici di vetro opaco su bulbi di ceramica, o i listelli di ceramica gialla inseriti a intervalli regolari sullo zoccolo di cemento. Su disegno di Tito anche gli arredi lignei, come le porte e le panche, realizzate poi dalla locale falegnameria Bini. Vari elementi dalle linee fortemente stilizzate e geometrizzanti, ai colori accesi e puri, sono riferibili allo stile Art Déco, il cui influsso è dominante in questo primo ambiente. Salendo al piano superiore, si notano le vetrate e le pitture murali che rivestono lo spazio semicircolare della parete con figurazioni geometriche e allegoriche. Sul soffitto, un finto lucernario rotondo riprende i colori e le forme dei vetri delle finestre. Il soffitto del pianerottolo è invece ornato di una pittura murale in rosso e oro, che prelude allo stile antichizzante della prossima sala, l’atrio al primo piano, che immette alle stanze dei vari funzionari. E’ un ambiente esagonale, figura sottolineata anche dal grande lucernario che riproduce, in maniera amplificata, il taglio da pietra preziosa. Le pareti sono ornate da uno zoccolo in rosso pompeiano sul quale sono graffite anfore, rosette e graticole, simbolo del martirio di San Lorenzo, patrono del comune insieme a San Martino, utilizzato anche dalle Fornaci come marchio di fabbrica. I due santi appaiono dipinti sulla parete dirimpetto alla stanza del Sindaco. La pittura si deve a Tito Chini, ha il gusto romantico del recupero medioevale e riproduce in basso anche una veduta ideale di Borgo San Lorenzo. Le porte che si aprono su questa stanza riportano il disegno del rombo e del cerchio e sono infisse in stipiti di cemento che riproducono in modo schematico gli ingressi di antichi templi. La panca al centro della stanza è data dall’accostamento di due panche identiche a quelle del pianterreno. Nella stanza del Sindaco, pure poligonale, la decorazione murale, eseguita in pochi, ma efficaci colori su pannelli di tela alternati a rilievi di ceramica con putti che reggono fasci di spighe, celebra le maggiori glorie locali, da Giotto a Monsignor Della Casa.

 

Il pavimento a piastrelle rosse e bianche, prodotto dalle Fornaci, reca al centro l’immagine, oggi purtroppo abbastanza consunta, del santo patrono con la sua graticola, entro una cornice circolare a disegni geometrici e volute. Il lampadario in ferro battuto e calici di vetro ha lo stesso schema di gusto Art Déco delle lampade alle pareti dell’atrio a pianterreno. Le vetrate, oggi protette da un vetro supplementare su entrambe le superfici, recano la losanga e il cerchio in cromie che riproducono l’effetto delle antiche finestre in alabastro. Infine nella stanza del Segretario si conserva una tela, dipinta da Galileo Chini, intitolata L’ultimo invito, opera tarda dell’artista, databile verso il 1952, inquietante meditazione sulla vecchiaia e la morte, nella quale la critica ha voluto vedere anche un ritratto ideale di Eleonora Duse e un richiamo stilistico all’Espressionismo europeo. La singolarità del Palazzo Comunale è anche quella di aver mantenuto quasi intatto l’aspetto originario, grazie alla conservazione degli antichi arredi e ad un restauro della parte pittorica ad opera di Augusto Romagnoli (1988), apprendista presso le Fornaci negli anni 1928 - 1931 e collaboratore di Tito Chini in varie imprese, fra le quali la decorazione di questo stesso edificio.

Itinerario Liberty - Planning and Realization - Stefano Pelosi - www.stefanopelosi.it